[FSUG PD] L'industria del ghiaccio che sciolse Internet

Franco Vecchiato vecchiato.franco a gmail.com
Mar 28 Giu 2011 19:20:11 CEST


Stati Uniti d’America, inizi del XX secolo. L’America crede nel
progresso e nella scienza. I piroscafi attraversano l’Atlantico, i
treni corrono sempre più veloci, le lampadine inventate da Thomas Alva
Edison sostituiscono le vecchie lampade a gas, l’energia elettrica
incomincia ad entrare nelle case.

Tutto sembra dire che la freccia del tempo continua ad andare in
avanti. Sempre più velocemente.



Alcuni giovani di belle speranze, appena usciti dalle più prestigiose
Università americane dove hanno studiato la termodinamica, aprono
delle piccole fabbriche ovunque nel Paese. Producono un nuovo
marchingegno: il frigorifero domestico. Niente di tecnicamente
rivoluzionario, sia chiaro. Macchine del genere già esistevano da
tempo, ma erano grandi come case e riservate a chi era in possesso di
ingenti capitali da investire nella fiorente industria del ghiaccio.
Il frigorifero domestico è diverso: lo metti in cucina e via.



Agli Americani, fieri individualisti, piace subito l’idea di farsi il
ghiaccio in casa e di non dover più rivolgersi ai punti vendita per
mettere in fresco le vivande e raffreddare i propri drink. Per i
locali pubblici (bar, ristoranti) è una vera rivoluzione. Tra le
classi meno abbienti impazza la moda della Coca Cola con ghiaccio e
del whisky on the rocks. In pochi anni, infatti, il frigorifero è
diventato sempre più economico e alla portata di chiunque, anche di
impiegati e operai.



L’industria del ghiaccio è in allarme. I suoi margini di profitto
diminuiscono a vista d’occhio. Centinaia di analisti guardano i
grafici delle revenue in picchiata. In borsa, a New York, tutti
vogliono vendere le azioni delle industrie del ghiaccio. Ma nessuno
sembra volerle comprare. “Spazzatura”, dicono a Wall Street. Il
destino dell’industria del ghiaccio sembra segnato, come era già
accaduto per il foraggio dei cavalli (ora la gente viaggia in auto,
chi non può permettersela in tram).



E’ a questo punto che la FAIG (Federazione Americana Industria del
Ghiaccio) si coalizza con l’UDIGUS (Unione Distributori Ghiaccio degli
Stati Uniti) e si rivolge al Congresso. Decine, forse centinaia di
lobbisti avvicinano ogni singolo parlamentare. Anche il Presidente li
riceve e i membri dell’Amministrazione sono tutti coinvolti.



Ai politici, gli uomini della FAIG spiegano che è sbagliato che gli
Americani producano ghiaccio in casa. L’acqua potrebbe essere
inquinata, i consumi elettrici sono eccessivi, e poi l’industria sta
perdendo profitti di giorno in giorno. Migliaia di operai sono per
strada. Molti di più però sono a lavorare nelle industrie di
frigoriferi domestici, ma questo i lobbisti non lo dicono ai
rappresentanti del Congresso.

Gli uomini della FAIG però capiscono che questo non basta. Sollevano
l’argomento morale: non è giusto che i signori del frigorifero
domestico usino la nostra stessa tecnologia per distruggerci. E non è
giusto che lo facciano i cittadini americani. Chi sono questi
consumatori per diventare loro stessi dei piccoli industriali del
ghiaccio in casa? Pare infatti che chi ha il frigo addirittura regali
il ghiaccio ai vicini! Gratis! Costa talmente poco che è ridicolo
farsi pagare. “Non facciamo nulla di male” – dicono i manigoldi –
“siamo solo dei buoni vicini”. Ma la FAIG non è d’accordo e spende
milioni di dollari in pubblicità sui giornali, nei cinematografi, in
radio: “pirati del ghiaccio” vengono subito soprannominati.



La FAIG ottiene dal Congresso la proibizione di “duplicare il ghiaccio
e diffonderlo senza autorizzazione dei detentori dei diritti”. Chi lo
farà verrà punito dalla legge. Ma non è tutto. Le piccole industrie di
frigoriferi domestici devono pagare i brevetti alle grandi industrie
della FAIG. Poi devono anche pagare una tassa chiamata “equo
compenso”, che sale a seconda di quanti cubetti di ghiaccio il frigo
può potenzialmente produrre. Anche i consumatori devono pagare l’equo
compenso. Anche quelli che non hanno il frigo. Si sono inventati un
modo: siccome il ghiaccio si fa con l’acqua, viene tassata l’acqua.
“Ma io non la uso per il ghiaccio” – protestano in molti. Non importa,
si presume che tu lo faccia, o che lo faccia il tuo vicino per te,
quindi devi pagare ugualmente l’equo compenso.



Nonostante questo, l’industria del ghiaccio è sempre più in crisi. La
picchiata non si arresta. Tutte le contromisure sembrano essere
inefficaci. Ed è così che nasce l’idea.



La FAIG convince il Congresso a creare una “Autorità Garante per il
Ghiaccio”. Una sorta di tribunale senza troppi vincoli, i cui membri
sono nominati dal Congresso stesso, che detta le regole, giudica i
colpevoli ed emette le sentenze. Molti sostengono sia
incostituzionale, ma il Congresso va avanti lo stesso. “Se vuoi puoi
ricorrere al giudice contro le decisioni dell’Autorità”, dicono.
Decisioni però che sono immediatamente operative. E se non hai i
soldi, certo non potrai appellarti contro le sentenze dell’
“A-Gi-Ghi”.



L’Autorità studia come salvare l’industria del ghiaccio. Ma non lo
dicono così, perché non è convincente spiegare alla gente che bisogna
salvare un’industria vecchia e ucciderne un’altra nuova. Loro parlano
di “diritto di congelamento”. L’acqua è privata e le aziende della
FAIG possiedono la maggioranza delle azioni degli acquedotti. Pertanto
non tutti sono autorizzati a congelarla. Questo è il loro assunto.
Puoi pagare per avere il diritto di congelamento ma in realtà io
“detentore dei diritti” posso revocartelo quando voglio perché te l’ho
solo concesso. Il giacchio l'ho inventato io. Anche l’acqua è mia.
Perché dovresti farci altro se non ciò che io “detentore dei diritti”
decido tu possa fare con essa? La chiamano “licenza di congelamento”.
Le licenze si vendono, per cui ogni cittadino compra la licenza a
congelare la “loro” acqua (su cui già paga l’equo compenso). Si
stabilisce anche che il cittadino comune non può produrre più di 5
cubetti al giorno. E in ogni drink non possono andarci più di due
cubetti. “E il cubetto dispari?”, si chiedono in molti. La nuova legge
su “diritto di congelamento” non lo dice, ma il terzo drink lo devi
bere fresco appena, e non freddo come vorresti tu.

Viene inventato il sistema “Ice Rights Management”, gestione dei
diritti del ghiaccio, e viene inserito nei frigoriferi. All’acqua
viene aggiunto un additivo innocuo per la salute, ma che consente il
congelamento solo nei frigoriferi autorizzati, quelli che rispondono
alle norme tecniche dell’ “IRM”.

I cittadini fanno i salti mortali. Ci sono modi per aggirare i
meccanismi di controllo ma non tutti sono capaci di adottarli. E se
vieni scoperto a farlo rischi grosso. In Europa un ragazzo che ha
inventato un anti-IRM è finito in galera. Anche lui era un “pirata”.



Ma anche questo non basta. Nulla sembra riuscire a fermare la
rivoluzione del frigorifero domestico. Le tecniche di controllo si
inaspriscono. In Francia, dove hanno lo stesso problema, la società
elettrica controlla i flussi di energia: se scopre che c’è un consumo
eccessivo, suppone che tu produca troppo ghiaccio. Degli ispettori
pagati dalle industrie del ghiaccio possono “aiutare” lo Stato a
individuare i malfattori. Se vieni scoperto a produrre cubetti non
autorizzati, dopo tre infrazioni ti viene staccata la corrente
elettrica. Persino la Società delle Nazioni si ribella e dichiara il
frigorifero domestico “diritto umano”. Ma il suo appello cade nel
vuoto.



Intanto in America tutto è ormai pronto. Il 6 luglio 1921 l’Autorità
Garante per il Ghiaccio vara un regolamento che prevede la “tutela del
diritto di congelamento” con ogni mezzo necessario. Compresa la
tecnica detta “deep electron inspection” che consiste nel controllare
a che scopo gli elettroni vengono consumati. Analoga tecnica, la “deep
water inspection”, viene usata per l’acqua. Pare infatti che esistano
circuiti di approvvigionamento idrico ed elettrico ancora liberi, che
vanno assolutamente contrastati. Lo chiamano “Ice Rights Enforcement”,
cioè “applicazione dei diritti del ghiaccio” ma non a caso la parola
“enforcement” significa anche “costrizione”. Se violi la direttiva, ad
esempio se regali il ghiaccio ai vicini, l’Autorità ti consente di
metterti in regola entro 5 giorni. Altrimenti sempre l’Autorità mette
delle palizzate intorno a casa tua e il Comune trasforma in un tappeto
di chiodi il vialetto che porta nella tua proprietà, così che nessuno
possa avvicinarsi. All’inizio del vialetto c’è un cartello: “Sito non
raggiungibile per violazione delle norme sui diritti del ghiaccio”.
L’idea è nata per contrastare i pedofili, chiudendoli in casa agli
arresti domiciliari e segnalandoli alla comunità con cartelli simili.
Lo chiamano “oscuramento”. Sei un delinquente, giusto? Perché qualcuno
dovrebbe essere libero di venire a casa tua, magari per aiutarti a
infrangere la legge? E che dire di quelli che vorrebbero il “nostro”
ghiaccio da te?

Qualcuno protesta per l’equiparazione tra pedofili e “pirati”, ma la
protesta rimane inascoltata.



Finalmente gli effetti di tanto lavoro incominciano a sentirsi.
Migliaia di cittadini vengono “oscurati”. La gente ha paura e fa
sacrifici per ottenere il poco ghiaccio concesso secondo le nuove
leggi.

Le industrie di frigoriferi domestici avvertono il colpo. Alcune di
esse, come “FreezerBook”, “TwiFreezer”, “Froogle” erano diventati dei
veri colossi. Ora spendono più in avvocati e sistemi di controllo
obbligatorio che in innovazione tecnologica sui frigoriferi. I
cittadini sentono che c’è qualcosa di sbagliato, che diffondere il
ghiaccio, regalarlo, usarlo per i più svariati scopi e senza limiti al
numero di cubetti per drink dovrebbe essere un’attività lecita e
libera. Sentono che c’è del “vecchio” in tutto questo, che se
l’industria del ghiaccio è messa di fronte ad un nuovo modo di
produrre e consumare, allora è l’industria che deve adattarsi. O
morire. Non i diritti dei consumatori. Non la nuova tecnologia dei
frigoriferi domestici.



Ma il peggio è ormai fatto. La gente ha paura. La vecchia industria
del ghiaccio ha vinto. I frigoriferi nelle cucine ci sono ancora, ma
sono controllati della Autorità e la FAIG ha persino degli ispettori
che vanno casa per casa e denunciano i pochi trasgressori rimasti.



Eppure qualcuno lo aveva detto. Si erano levate voci che avvertivano
del pericolo. Molti si sono disinteressati. Altri hanno risposto che
era impossibile controllare il progresso e che esso avrebbe vinto,
comunque. Non era vero. Era già successo, in Asia, che i frigoriferi
dei cittadini fossero controllati dallo Stato. Chi tentò la
“Rivoluzione del ghiaccio” fu duramente represso. “Ma quella è una
dittatura”, ripetevano in molti. “Ciò non toglie che si possa fare,
che la Rivoluzione del frigorifero può essere controllata e
addomesticata”, rispondevano le cassandre. Magari non per tutti. Ci
sono sempre dei pirati, degli hacker, che bucano la censura. Ma se
rivelano come farlo possono venire incarcerati. Uno di loro, il leader
di WikiFreeze che voleva “liberare il ghiaccio”, fu colpito con la
scusa di aver molestato una donna. Non era vero, ma dovette subire un
processo e andò in galera. E la maggioranza non riuscì mai ad
applicare le tecniche più sofisticate per scavalcare i controlli.



Fu così che la rivoluzione del frigo domestico fu fermata. Oggi,
nell’Anno del Signore 2011, pochi ricordano quegli accadimenti. Eppure
hanno cambiato la Storia. Oggi per noi è un fatto assodato non avere
la libertà di congelare l’acqua. Ma chiediamoci: è normale che sia
così? E’ giusto? Poteva andare diversamente, se avessimo reagito in
tempo?



Forse non lo sapremo mai.



P.S. Questo non è un racconto di fantasia. E’ quello che può accadere
se l’Autorità Garante delle Comunicazioni italiana varerà il 6 luglio
la delibera sull’enforcement del diritto d’autore:
http://www.agoradigitale.org/nocensura



Solo che non parliamo di ghiaccio, ma di Internet e di libertà.



Per La Liberta' Dei Cittadini in Rete: http://www.facebook.com/retelibera





© 2011 Guido Iodice. La copia letterale e la distribuzione di questo
articolo nella sua integrità sono permesse (e caldamente sollecitate)
con qualsiasi mezzo, a condizione che questa nota sia riprodotta.



Nota: Come tutte le metafore, qualcosa non coincide alla perfezione.
Ma lo scopo di questo articolo è mostrare l’assurdità di voler
controllare la Rete e la profonda ingiustizia dietro questo intento.



L’idea originale della metafora con l’industria del ghiaccio non è
mia, ma di Bruce Perens, che l’ha usata in un contesto differente:
http://www.askmar.com/Open%20Source/Bruce%20Perens.pdf
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